Venite in Puglia, girate assai, girate sopra e girate sotto, puntate nell’entroterra ionico della provincia di Taranto e fate il pieno di bellezza tra gravine e chiese rupestri che sono una miniera di colori.
La Puglia non va mai all’insù, non arriccia, non impenna il territorio, mai. In alto il cielo è sempre libero con tante nuvole, bianche come un gregge di pecore governate dal vento corsaro che corre libero, sfotte, sferza, tira forte tra un mare e l’altro. In alto solo gli arditi campanili del romanico e del barocco, solo quelli, per il resto “blu dipinto di blu” come cantava Domenico Modugno in Volare.
In basso, invece, c’è il rischio di mischiare i sensi, troppi colori, troppi profumi, troppo tutto. In Puglia guardi giù e – chiedo una licenza ad Alessandro Piva – la capa gira per quanta bellezza c’è. Accade esattamente nell’entroterra tarantino, dove la Murgia scivola dolcemente verso lo Ionio e dove il carsismo si è inventato un universo profondo, scolpito nella roccia dall’erosione dell’acqua: le gravine.
Carlos Solito